Confindustria: la ripresa non decolla
L'economia italiana non "decolla", la crescita è più lenta delle attese e sul sistema Italia pesa come un macigno il 'cancro' dell'evasione fiscale, che brucia 122,2 miliardi nel 2015, il 7,5% del Pil. Il Centro studi di Confindustria traccia un consuntivo di fine anno poco rassicurante dell'economia italiana e malgrado qualche piccolo elemento positivo certifica di fatto quello che l'Istat e lo stesso governo hanno ammesso qualche settimana fa: il segno più davanti al Pil c'e', ma la ripresa e' ancora molto timida.
Il Centro studi dell'associazione degli Industriali mette nero su bianco insomma che l'Italia crescerà dello 0,8% quest'anno (e non più dell'1% come ci si aspettava a settembre) e dell'1,4% nel 2016. Un passo più deciso è previsto nel 2017, con il Pil a +1,7%. Salvo che però la variabile terrorismo non assesti una ulteriore spallata alle speranze di ripresa. "Le ragioni per cui non si riesce a prendere il vento favorevole sono legate al fatto che ci sono comportamenti più prudenti, si tende a essere meno risoluti - spiega Il Csc - c'è un tasso di risparmio molto basso, che è ai minimi storici. Per noi resta un mistero questo rallentamento. Pensiamo comunque che nel corso di questo autunno ci sia una ripresa di slancio legati ai giudizi sugli ordini delle imprese che producono beni di consumo".
Quel che è certo, ribadisce Confindustria, è che i pesi che tradizionalmente l'Italia si porta alle caviglie non facilitano il recupero: un fisco vorace e un'evasione fiscale da capogiro. Secondo una simulazione del Csc, una famiglia di due lavoratori dipendenti con un figlio in età scolare destina il 54,9% del reddito al pagamento dei contributi sociali e delle imposte, dirette e indirette.
Quanto all'evasione fiscale e contributiva, certifica Confindustria, ammonta a 122,2 miliardi di euro nel 2015, pari al 7,5% del Pil. Solo la Grecia fa peggio di noi. Se si riuscisse a dimezzare questo fenomeno, secondo gli industriali, si potrebbe arrivare ad un 3,1% di maggiore Pil e in oltre 335 mila occupati aggiuntivi.
Un dato positivo viene invece dall'occupazione: per Confindustria la domanda di lavoro in Italia "è ripartita" e nel triennio fino al 2017 saranno creati 650 mila posti di lavoro che portano a 815 mila il totale da quando sono ricominciati ad aumentare", ovvero dal 2014. Il recupero è frutto degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo determinato e le regole previste dal Jobs Act". Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, chiede un colpo di reni: "L'Italia continua in una fase di stentata e quasi impercettibile crescita, ma lo scatto netto, bruciante, che lascia sul posto il passato e la crisi per agganciare una crescita stabile, quello ancora non c'e'", conclude.
Il Centro studi dell'associazione degli Industriali mette nero su bianco insomma che l'Italia crescerà dello 0,8% quest'anno (e non più dell'1% come ci si aspettava a settembre) e dell'1,4% nel 2016. Un passo più deciso è previsto nel 2017, con il Pil a +1,7%. Salvo che però la variabile terrorismo non assesti una ulteriore spallata alle speranze di ripresa. "Le ragioni per cui non si riesce a prendere il vento favorevole sono legate al fatto che ci sono comportamenti più prudenti, si tende a essere meno risoluti - spiega Il Csc - c'è un tasso di risparmio molto basso, che è ai minimi storici. Per noi resta un mistero questo rallentamento. Pensiamo comunque che nel corso di questo autunno ci sia una ripresa di slancio legati ai giudizi sugli ordini delle imprese che producono beni di consumo".
Quel che è certo, ribadisce Confindustria, è che i pesi che tradizionalmente l'Italia si porta alle caviglie non facilitano il recupero: un fisco vorace e un'evasione fiscale da capogiro. Secondo una simulazione del Csc, una famiglia di due lavoratori dipendenti con un figlio in età scolare destina il 54,9% del reddito al pagamento dei contributi sociali e delle imposte, dirette e indirette.
Quanto all'evasione fiscale e contributiva, certifica Confindustria, ammonta a 122,2 miliardi di euro nel 2015, pari al 7,5% del Pil. Solo la Grecia fa peggio di noi. Se si riuscisse a dimezzare questo fenomeno, secondo gli industriali, si potrebbe arrivare ad un 3,1% di maggiore Pil e in oltre 335 mila occupati aggiuntivi.
Un dato positivo viene invece dall'occupazione: per Confindustria la domanda di lavoro in Italia "è ripartita" e nel triennio fino al 2017 saranno creati 650 mila posti di lavoro che portano a 815 mila il totale da quando sono ricominciati ad aumentare", ovvero dal 2014. Il recupero è frutto degli sgravi contributivi per le assunzioni a tempo determinato e le regole previste dal Jobs Act". Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, chiede un colpo di reni: "L'Italia continua in una fase di stentata e quasi impercettibile crescita, ma lo scatto netto, bruciante, che lascia sul posto il passato e la crisi per agganciare una crescita stabile, quello ancora non c'e'", conclude.
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