UE Giustizia Sociale: dati allrmanti per l'Italia che si trova in fondo alla classifica.
L'Italia si posiziona al 23esimo posto su 28 paesi europei in fatto di eque opportunità di vita, istruzione e di lavoro offerte ai propri cittadini. Insieme alla Lettonia, l'Italia con il suo 23esimo posto si posizione ben al di sotto della media europea in termini di giustizia sociale.
Questo è il risultato di un rapporto stilato dal think tank tedesco Bertelsmann Stiftung sulla situazione sociale nell'Unione europea. In generale, dall'analisti tedesca emerge che i paesi europei, soprattutto quelli del sud dell'Ue, sono più concentrati sul rispetto dei vincoli di bilancio imposti da Bruxelles, piuttosto che alla garanzia della giustizia sociale. Prima di tutto viene la stabilità economica del paese dalla quale però, spesso derivano disoccupazione, povertà, investimenti insufficienti in sanità, istruzione e infrastrutture.
Sud vs Nord
Dal rapporto europeo sulla giustizia sociale emerge chiaramente il distacco, sempre maggiore, tra i paesi del nord e quelli del sud Unione. L'analisi prende in considerazione i dati dal 2007 al 2013 e sottolinea come, in questo lasso di tempo, lo squilibrio in termini di giustizia sociale tra paesi come Svezia, Finlandia, Danimarca, l'Olanda e paesi come Spagna, Grecia e Italia siano aumentato sensibilmente.
Nei paesi del nord si registra un alto livello di giustizia e inclusione sociale: nessun cittadino è lasciato da solo, ma tutti sono accompagnati dalla scuola alla pensione, passando per il mondo del lavoro con aiuti e incentivi. I paesi del sud invece, hanno registrato miglioramenti per quanto riguarda l'economia, più stabile oggi rispetto al 2011, ma a fronte di un sensibile peggioramento delle condizioni sociali dei cittadini. Infine, secondo il think tank tedesco tra il 2007 e il 2013 Germania, la Polonia e Lussemburgo sono rimasti stabili con un buon livello di giustizia sociale.
La situazione italiana
La giustizia sociale in Italia viene sempre più spesso tradita a favore di vincoli di bilancio e delle riforme che "ci chiede l'Europa". Ed a pagare il prezzo più alto in questa situazione sono certamente la generazioni più giovani su cui ricade tutto il peso della crisi e dell'inadeguatezza della classe politica.
"Il divario sociale crescente tra Stati membri e tra le generazioni può portare a tensioni e a una notevole perdita di fiducia. Qualora lo squilibrio sociale duri a lungo o aumenti ancora di più, il futuro del progetto d'integrazione europea potrebbe essere minacciato" avverte Jorg Drager, del Consiglio di amministrazione di Bertelsmann Stiftung.
I dati italiani emersi dal rapporto sulla giustizia sociale sono drammatici. Il numero delle persone private dei beni essenziali è passato dal 6,8% del 2007 al al 12,4 % del 2013, raddoppiando in soli 6 anni. Allarmanti i dati sull'occupazione soprattutto quella giovanile: il 40% dei giovani non riesce a trovare lavoro in Italia. Ma l'Italia tocca il fondo, segnando il suo record negativo se prendiamo in considerazione il numero dei giovani che non lavorano, né studiano. L'Italia in questo caso si posiziona come ultima nella classifica europea dei 28 paesi. I giovani italiani tra i 20 e i 24 anni che non lavorano né studiano sono il 32% del totale, ovvero uno su tre.
Questo è il risultato di un rapporto stilato dal think tank tedesco Bertelsmann Stiftung sulla situazione sociale nell'Unione europea. In generale, dall'analisti tedesca emerge che i paesi europei, soprattutto quelli del sud dell'Ue, sono più concentrati sul rispetto dei vincoli di bilancio imposti da Bruxelles, piuttosto che alla garanzia della giustizia sociale. Prima di tutto viene la stabilità economica del paese dalla quale però, spesso derivano disoccupazione, povertà, investimenti insufficienti in sanità, istruzione e infrastrutture.
Sud vs Nord
Dal rapporto europeo sulla giustizia sociale emerge chiaramente il distacco, sempre maggiore, tra i paesi del nord e quelli del sud Unione. L'analisi prende in considerazione i dati dal 2007 al 2013 e sottolinea come, in questo lasso di tempo, lo squilibrio in termini di giustizia sociale tra paesi come Svezia, Finlandia, Danimarca, l'Olanda e paesi come Spagna, Grecia e Italia siano aumentato sensibilmente.
Nei paesi del nord si registra un alto livello di giustizia e inclusione sociale: nessun cittadino è lasciato da solo, ma tutti sono accompagnati dalla scuola alla pensione, passando per il mondo del lavoro con aiuti e incentivi. I paesi del sud invece, hanno registrato miglioramenti per quanto riguarda l'economia, più stabile oggi rispetto al 2011, ma a fronte di un sensibile peggioramento delle condizioni sociali dei cittadini. Infine, secondo il think tank tedesco tra il 2007 e il 2013 Germania, la Polonia e Lussemburgo sono rimasti stabili con un buon livello di giustizia sociale.
La situazione italiana
La giustizia sociale in Italia viene sempre più spesso tradita a favore di vincoli di bilancio e delle riforme che "ci chiede l'Europa". Ed a pagare il prezzo più alto in questa situazione sono certamente la generazioni più giovani su cui ricade tutto il peso della crisi e dell'inadeguatezza della classe politica.
"Il divario sociale crescente tra Stati membri e tra le generazioni può portare a tensioni e a una notevole perdita di fiducia. Qualora lo squilibrio sociale duri a lungo o aumenti ancora di più, il futuro del progetto d'integrazione europea potrebbe essere minacciato" avverte Jorg Drager, del Consiglio di amministrazione di Bertelsmann Stiftung.
I dati italiani emersi dal rapporto sulla giustizia sociale sono drammatici. Il numero delle persone private dei beni essenziali è passato dal 6,8% del 2007 al al 12,4 % del 2013, raddoppiando in soli 6 anni. Allarmanti i dati sull'occupazione soprattutto quella giovanile: il 40% dei giovani non riesce a trovare lavoro in Italia. Ma l'Italia tocca il fondo, segnando il suo record negativo se prendiamo in considerazione il numero dei giovani che non lavorano, né studiano. L'Italia in questo caso si posiziona come ultima nella classifica europea dei 28 paesi. I giovani italiani tra i 20 e i 24 anni che non lavorano né studiano sono il 32% del totale, ovvero uno su tre.
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