Tfr in busta paga 2015: una pugnalata per le imprese già in forte crisi e uno "sconto bancario" per i lavoratori.
TFR in busta paga: 50% del Tfr del lavoratore subito in busta paga, questa l'ipotesi del governo. Renzi anche nel fine settimana ha ribadito l'intenzione di dare questa possibilità ai lavoratori dipendenti a partire da gennaio 2015. Molti ancora i dubbi di sindacati, imprese e lavoratori. Ma vediamo come si calcola il Tfr e quali tasse si pagano.
Come si calcola il Tfr?
Il trattamento di fine lavoro è un tesoretto che il lavoratore accumula nel corso dell'attività lavorativa. Al termine del rapporto lavorativo, il datore di lavoro eroga al dipendente il suo Tfr.
Il Tfr corrisponde a circa una mensilità all'anno. In pratica si calcola dividendo la retribuzione lorda per 13,5 e sottraendo la contribuzione dovuta all'Inps nella misura dello 0,5 per cento.
Per esempio, calcoliamo il Tfr di un lavoratore che guadagna 30.000 euro l'anno. La quota di Tfr maturata 2013 al lordo del contributo Inps è pari a 30mila euro diviso 13,5 = 2.222,22 euro. La quota annua del contributo Inps, a carico del datore di lavoro, è pari a 30mila x 0,5% = 150 euro. La quota di Tfr per il 2013 al netto del contributo Inps sarà, quindi, data da 2.222,22 euro – 150 euro =2.072,22 euro. Ogni anno il fondo accantonato deve essere rivalutato dal datore di lavoro sulla base degli indici Istat.
Sistema di previdenza complementare
Il tfr maturato dai lavoratori viene conservato dall'azienda fino al momento in cui si conclude il rapporto di lavoro. Ma il lavoratore può anche optare per un'altra possibilità, ovvero versare il Tfr presso il sistema di previdenza complementare. In questo caso, sarà il datore di lavoro a effettuare i versamenti delle quote maturate e dell'eventuale contribuzione a proprio carico.
Tassazione del Tfr
Il Tfr è soggetto ad una tassazione generalmente molto inferiore rispetto all'imposta Irpef. La tassazione del Tfr varia a seconda del numero di anni e frazioni di anni di anzianità di servizio. Non solo.
L'imposizione fiscale inizialmente calcolata viene successivamente riliquidata da parte dell'Agenzia delle Entrate, in base all'aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quello della fine del rapporto di lavoro. Nel caso in cui l'importo dovuto sia superiore, è direttamente il Fisco a chiedere al contribuente di versare la maggiore imposta.
Dubbi su ipotesi governo
Il premier rilancia sull'ipotesi di mettere il 50% o il 100% del Tfr in busta paga ai lavoratori per far ripartire i consumi. Ma da imprese, lavoratori e sindacati continuano ad arrivare critiche e dubbi molto fondati.
Le imprese temono la mancanza di liquidità nella casse aziendali. E' stato calcolato che per i piccoli artigiani dare subito il Tfr ai lavoratori costerebbe fino a 4,5 miliardi di euro l'anno e alcune imprese sarebbero costrette a ricorrere a prestiti bancari per erogare l'anticipo.
Per i lavoratori invece, il dilemma è: meglio 100 euro circa in più subito o un Tfr più consistente a fine lavoro? Perché è ovvio, che mettere il Tfr in busta paga oggi, ha come conseguenza una forte riduzione del Trattamento di fine rapporto al termine del lavoro (causa tassazione più alta).
Infatti la vera preoccupazione riguarda la tassazione. Come spiegato sopra infatti, il Tfr gode di una tassazione agevolata (cioè separata da quella ordinaria e solo al momento dell'erogazione); se il 50% entrasse in busta paga rischierebbe di finire sotto il regime fiscale ordinario più severo. Sarebbe quindi necessario, per il governo, pensare ad uno stratagemma per evitare, quantomeno, che il Tfr venga mangiato dalle tasse.
Ma non sarebbe meglio, invece rispettare innanzitutto i famosi rinnovi dei contratti di lavoro rimasti fermi, abolire l'IRAP inizialmente alle PMI ed infine ridurre carico degli oneri sociali? In questo modo le imprese vedranno aumentare le loro risorse per investire, mentre i lavoratori , potranno continuare a percepire il TFR e chiedere gli anticipi come già previsto dalla legge dietro giusta causa, senza pagare tasse in più e senza finanziare così ulteriormente uno Stato corrotto e in deficit, desideroso di risorse e incapace di ridurre la pressione fiscale.
Come si calcola il Tfr?
Il trattamento di fine lavoro è un tesoretto che il lavoratore accumula nel corso dell'attività lavorativa. Al termine del rapporto lavorativo, il datore di lavoro eroga al dipendente il suo Tfr.
Il Tfr corrisponde a circa una mensilità all'anno. In pratica si calcola dividendo la retribuzione lorda per 13,5 e sottraendo la contribuzione dovuta all'Inps nella misura dello 0,5 per cento.
Per esempio, calcoliamo il Tfr di un lavoratore che guadagna 30.000 euro l'anno. La quota di Tfr maturata 2013 al lordo del contributo Inps è pari a 30mila euro diviso 13,5 = 2.222,22 euro. La quota annua del contributo Inps, a carico del datore di lavoro, è pari a 30mila x 0,5% = 150 euro. La quota di Tfr per il 2013 al netto del contributo Inps sarà, quindi, data da 2.222,22 euro – 150 euro =2.072,22 euro. Ogni anno il fondo accantonato deve essere rivalutato dal datore di lavoro sulla base degli indici Istat.
Sistema di previdenza complementare
Il tfr maturato dai lavoratori viene conservato dall'azienda fino al momento in cui si conclude il rapporto di lavoro. Ma il lavoratore può anche optare per un'altra possibilità, ovvero versare il Tfr presso il sistema di previdenza complementare. In questo caso, sarà il datore di lavoro a effettuare i versamenti delle quote maturate e dell'eventuale contribuzione a proprio carico.
Tassazione del Tfr
Il Tfr è soggetto ad una tassazione generalmente molto inferiore rispetto all'imposta Irpef. La tassazione del Tfr varia a seconda del numero di anni e frazioni di anni di anzianità di servizio. Non solo.
L'imposizione fiscale inizialmente calcolata viene successivamente riliquidata da parte dell'Agenzia delle Entrate, in base all'aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quello della fine del rapporto di lavoro. Nel caso in cui l'importo dovuto sia superiore, è direttamente il Fisco a chiedere al contribuente di versare la maggiore imposta.
Dubbi su ipotesi governo
Il premier rilancia sull'ipotesi di mettere il 50% o il 100% del Tfr in busta paga ai lavoratori per far ripartire i consumi. Ma da imprese, lavoratori e sindacati continuano ad arrivare critiche e dubbi molto fondati.
Le imprese temono la mancanza di liquidità nella casse aziendali. E' stato calcolato che per i piccoli artigiani dare subito il Tfr ai lavoratori costerebbe fino a 4,5 miliardi di euro l'anno e alcune imprese sarebbero costrette a ricorrere a prestiti bancari per erogare l'anticipo.
Per i lavoratori invece, il dilemma è: meglio 100 euro circa in più subito o un Tfr più consistente a fine lavoro? Perché è ovvio, che mettere il Tfr in busta paga oggi, ha come conseguenza una forte riduzione del Trattamento di fine rapporto al termine del lavoro (causa tassazione più alta).
Infatti la vera preoccupazione riguarda la tassazione. Come spiegato sopra infatti, il Tfr gode di una tassazione agevolata (cioè separata da quella ordinaria e solo al momento dell'erogazione); se il 50% entrasse in busta paga rischierebbe di finire sotto il regime fiscale ordinario più severo. Sarebbe quindi necessario, per il governo, pensare ad uno stratagemma per evitare, quantomeno, che il Tfr venga mangiato dalle tasse.
Ma non sarebbe meglio, invece rispettare innanzitutto i famosi rinnovi dei contratti di lavoro rimasti fermi, abolire l'IRAP inizialmente alle PMI ed infine ridurre carico degli oneri sociali? In questo modo le imprese vedranno aumentare le loro risorse per investire, mentre i lavoratori , potranno continuare a percepire il TFR e chiedere gli anticipi come già previsto dalla legge dietro giusta causa, senza pagare tasse in più e senza finanziare così ulteriormente uno Stato corrotto e in deficit, desideroso di risorse e incapace di ridurre la pressione fiscale.
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